
Su RAGÙ c’è tanto da dire e nulla da dire.
Se per video intendiamo un insieme di fotogrammi posti a una velocità tale da dare la sensazione del movimento allora RAGÙ è un video ma fino a qui è ovvio.
Il problema sorge se andiamo oltre.
RAGÙ non racconta nulla ma, forse, racconta tutto: routine? loop? ripetizione? noia? quarantena? domiciliari dipendenza? hikikomori? ossessione? trippy?.
La scelta è affidata al pubblico, l’interpretazione è aperta e l’individuo può liberamente cercare la sua chiave di lettura.
Vi è soltanto un vincolo: NON ESITARE.
Questo perché il tempo a disposizione è solo un minuto.
Sessanta secondi e ben 140 inquadrature che trasportano lo spettatore in un tunnel di pericolose dannazioni umane dove la grana sporca, l’estetica grunge e la puzza di sigarette regna sovrana.